A CATANZARO HO INCONTRATO GESÙ. Ero Malato, ero Carcerato e siete venuti a visitarmi. Testimonianza di fratel Carlo Mangione Camilliano

A CATANZARO HO INCONTRATO GESU’!

 

Ero malato, ero carcerato e siete venuti a visitarmi”

 

Dolore e sofferenza, un binomio di fronte al quale non si può mai restare indifferenti!. Anche da questo nasce il desiderio di condividere una quaresima speciale, una tre giorni vissuta in semplicità e nella vera carità e fraternità a Catanzaro, invitato da Don Giorgio Pilò, parroco della Parrocchia Santa Maria della Speranza e cappellano del carcere di Catanzaro. Con lui ci incontrammo circa 40 anni fa, dai frati minori rinnovati di Corleone, e fu subito amicizia, vera e solida, per la scelta comune di essere sempre al fianco degli ultimi e dei sofferenti. 

Con don Giorgio, che ha scelto di vivere vicino ai malati e reclusi, ho avuto la possibilità di visitare i reparti dove vivono i detenuti infermi, alcuni di loro ridotti, per patologie varie, in carrozzina e altri alle prese con gravi problemi psichiatrici. 

Lo ammetto, non pensavo che con gravissime patologie e inabilità si dovesse restare ugualmente in carcere. Confesso la mia ignoranza, non lo credevo e continuo a non crederlo tuttora.  Continuo a chiedermi: come può esistere l’obbligo della pena in carcere per una persona permanentemente a letto o in carrozzina, oppure, ciechi o fratelli affetti da disturbi psichici gravi, incapaci di formulare un pensiero, un ragionamento?.

Sono queste le domande, le perplessità, i dubbi che continuano a tormentare la mia mente e il mio cuore, da quando, dopo quella visita, sono andato via dall’istituto di detenzione. 

Anche l’altra visita, sempre in compagnia di don Giorgio, ai ventidue malati residenti in un quartiere, che dire “popolare” è un eufemismo, mi ha colpito, lasciandomi il segno dello stupore e degli interrogativi, seppure offrendomi una emozione diversa. 

In palazzine stipate da tumultuosa convivenza di rom e famiglie disagiate, come in ogni parte del mondo, vivono i malati e gli anziani, anche loro, in certo senso, “detenuti” a vita per la loro malattia e inabilità. 

Ma chi sono e cosa rappresentano questi nostri fratelli che continuano a soffrire, prigionieri del carcere, delle loro infermità e delle loro difficoltà sociali? San Camillo li chiamava I NOSTRI SIGNORI E PADRONI e li identificava in Gesù sofferente, inchiodato sulla croce della malattia e della sofferenza. 

E’ vero che io sono andato in questi luoghi per predicare in preparazione alla Pasqua, e, forse, ho anche “predicato!”. Ma questi incontri hanno un valore superiore a qualunque predica e “parlano” molto più di quanto io stesso non abbia saputo dire loro.  Di quelle persone mi accompagnano gli sguardi, i volti, il silenzio, la sofferenza nascosta e palese, la dignità nel chiedere, senza dirlo, la dovuta attenzione alla persona e al rispetto umano. Ora il mio cuore è colmo di tante prediche autentiche, sicuramente più vere delle mie!.

Grazie, Don Giorgio, grazie Concetta e Marco, sentinelle di amicizia e di accoglienza di Giorgio e di tutti i suoi amici. Grazie per la fraternità, vissuta insieme, in semplicità. “ERO MALATO, ERO CARCERATO E SIETE VENUTI A VISITARMI.”Mi risuonano le parole di Gesù e si fanno realtà viva e intensa. Ecco il grande dono di questa Quaresima.

Ancora una volta il carisma di Camillo de Lellis si rende attuale in ogni luogo e situazione, oltre i secoli già trascorsi. Lui che aveva condotto vita da vagabondo, elemosinando per la sopravvivenza; lui prepotente, attaccabrighe e negligente, con la passione smodata per il gioco, diventa improvvisamente il protettore degli umili, degli ammalati e dei sofferenti. Diventa il Santo della Speranza, della fiducia trasmessa attraverso la testimonianza della sua vita. Fu un frate al convento di San Giovanni Rotondo infatti che, nel 1575, che gli disse: “Dio è tutto. Il resto è nulla. Bisogna salvare l’anima che non muore…”, a far scattare in lui il desiderio di conversione, cioè di trasformazione a vita nuova. 

L’aspettativa, il sogno di un giorno nuovo resta, sull’esempio di Camillo, perciò l’obiettivo di chi soffre i castighi anche dei propri errori oltre che di una vita di incertezze. Su questi ultimi, in particolare, e su tutti i fratelli incontrati possano pertanto scendere le MILLE BENEDIZIONI di San Camillo e di Cristo Gesù!.

 

GRAZIE e... ALLA PROSSIMA!

Fratel Carlo Mangione 

Camilliano














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